lunedì 18 aprile 2011

Il dono dell'obliquità


Fino a una certa età ho avuto la fissazione di mettere la roba dritta (il termine tecnico è "nevrosi ossessiva"). Ci passavo un bel pò di tempo in quest'attività, per esempio a porre gli occhiali paralleli al bordo della scrivania quando me li toglievo la sera per dormire (usavo la scrivania come comodino) o a mettere le scarpe perfettamente allineate fra loro e perpendicolari alla parete, o a raddrizzare le chiavi nelle toppe degli armadi, o a sistemare le sedie intorno alla tavola (usando come guida la linea delle mattonelle a terra), ecc.
Man mano però mi resi conto che è assolutamente impossibile mettere gli oggetti veramente dritti. A questa conclusione ci si può evidentemente arrivare sia per via filosofica che per via matematica: io ci arrivai per via empirica e, soprattutto, per disperazione, perchè ci sprecavo veramente troppo tempo ed era evidente che pure se avessi usato squadre e goniometro degli oggetti irregolari come le pantofole realmente parallele fra loro non ci sarebbero mai state. A quel punto cominciai a mettere la roba in maniera obliqua.

Apparentemente questo potrebbe sembrare un grosso progresso (e in un certo senso lo è perchè cercare di mettere le cose dritte può diventare un vero e proprio incubo): in fondo gli oggetti sono naturalmente disordinati, non paralleli o perpendicolari fra loro, verità di cui avevo appunto appena preso piena consapevolezza.
Ma in realtà la cosa non è così semplice. Mica basta lasciare la roba così, come la dispone il fato, o addirittura dargli una parvenza di ordine come si fa in genere quando per esempio ci si tolgono le scarpe: il fatto è che ci potrebbe esssere una remotissima -ma teoricamente non irrealizzabile- possibilità che le scarpe finiscano per essere REALMENTE parallele fra loro... però poi si ricadrebbe di nuovo nella questione che l'effettiva parallelità fra due oggetti è impossibile, e si finirebbe in un cul-de-sac.
A questo punto la soluzione -e chiunque non può che darmi ragione- non poteva essere che una: gli oggetti dovevano essere sistemati in maniera esageratamente obliqua, di modo che non fosse possibile nessun equivoco o ambiguità. Venendo all'atto pratico, essi dovevano essere disposti -fra loro e rispetto ad altri o a superfici o linee limitrofe- di modo da realizzare angoli ottusi o acuti abbastanza netti. Fermo restando che rimane comunque una bella scocciatura, si può ben capire che formare degli angoli del genere è una passeggiata di salute rispetto all'impresa disperata di creare linee perfettamente parallele e/o perpendicolari: questa nuova soluzione si poteva a buon titolo considerare una vera e propria boccata d'aria.
Fu così, quindi, che uscii definitivamente dalla fase dritta ed entrai in quella obliqua: avevo circa 10 anni, forse 11 (che mi suona meglio in quanto numero dispari, ma questo è un altro capitolo).

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